ARTICOLO n. 64 / 2024
VIVERE IN FLORIDA
Pubblichiamo un estratto da Paradiso terrestre (Mercurio, traduzione di Marta Olivi). Ringraziamo l’editore per la disponibilità.
La casa di mia madre è storta. Nemmeno questa è una metafora. Un pomeriggio rovente mio marito mi fa notare che il pavimento della cucina è in discesa. Per dimostrarlo, riempie un bicchiere d’acqua, si inginocchia, e fa gocciolare l’acqua a terra. Porta ancora i pantaloncini e le scarpe da corsa, è senza maglietta, è abbronzato e luccica di sudore.
Guardiamo le gocce d’acqua scivolare giù come se fossero attratte da una forza invisibile. Approfondiamo la questione e scopriamo che anche il pavimento del soggiorno è inclinato, e anche le camere di sopra. Perfino la porta d’ingresso non è centrata. Ci chiediamo se non sia un segno che la casa di mia madre sta per crollare.
Per tutta la nostra vita adulta siamo state persone da appartamento; le case per noi sono un immenso, insondabile mistero. Un sacco di spazio. Un sacco di cose che possono andare storte. «Le cose si spostano», è tutto quello che mia madre ha da dire quando glielo facciamo notare. Ci ricorda che la maggior parte della Florida poggia su uno strato di pietra calcarea, porosa; che tutto quanto intorno a noi è una specie di schema piramidale, perfino la terra sotto i nostri piedi.
Il riferimento alla pietra calcarea mi fa pensare ai sinkhole – un pensiero tutt’altro che rassicurante. Qualche giorno dopo, portiamo il cane in un parco statale e nel bel mezzo di un prato troviamo un cratere circondato da transenne gialle. Un cartello spiega che è un sinkhole apparso la scorsa estate.
All’inizio i commissari di contea avevano pensato che poteva essere una nuova sorgente d’acqua, teoria che si è poi rivelata falsa. Il buco ha continuato a crescere, allargandosi fino a diventare una bocca profonda e inquietante. Il Dipartimento Parchi Pubblici ha ipotizzato che potrebbero esserci delle caverne lì sotto; hanno chiamato dei geologi per investigare.
Ci affacciamo alle transenne per guardare dentro il cratere, osserviamo lo scintillio nero della terra bagnata. Il nostro cane, indifferente, mangia l’erba.
Tornati a casa, cerco “sinkhole” su Internet e leggo un articolo dal titolo Perché i sinkhole stanno inghiottendo la Florida. Leggo di un uomo di Tampa che è morto dopo che un sinkhole si è aperto sotto casa sua. Non dico a mio marito di quel poveretto, dell’orrore di venire divorati dalla terra mentre guardi Maury seduto sul divano. Non gli dico che, per colpa del rapido aumento della popolazione, la Florida ha esaurito le sue riserve d’acqua sotterranee, destabilizzando ulteriormente lo strato di pietra calcarea. O che ho iniziato a guardare il cortile di mia madre con un’attenzione nuova. Dicono che si vede la terra tremare leggermente poco prima che si spalanchi un sinkhole.
La casa di mia madre è stata costruita nel 1902, è una casa in stile Queen Anne con un comignolo di mattoni rossi perché il tipo che l’ha fatta costruire era di New York e si era trasferito nel Sud per arricchirsi con il commercio di sedano. Quando mia madre l’ha comprata, la casa era un rudere. La vegetazione sul retro era così incolta che impediva di vedere dove finisse la proprietà. Ma era proprio accanto alla villetta in stile Craftsman che mia sorella, all’epoca incinta, e suo marito avevano passato anni a rimettere a nuovo.
Mia madre invece ha lavorato alla ristrutturazione per sei mesi e poi si è stancata, quindi casa sua rimane un progetto che non sarà mai completato. Per esempio, l’impianto elettrico è un po’ strano. A volte mentre sono sul divano a leggere saltano le luci, tutte, come se una mano invisibile fosse arrivata a spegnere gli interruttori.
Come siamo finiti quaggiù, naufragati a casa di mia madre? In Florida, è una domanda che mi faccio ogni giorno. Siamo venuti qui all’inizio dell’anno per prenderci cura di mio padre, che stava morendo già da un po’ e che ora è morto. Dopodiché io e mio marito pensavamo di tornare alle nostre vite, ma è arrivata la pandemia e non siamo potuti andare da nessuna parte.
Mio marito era un visiting professor nel Dipartimento di Storia di una città nell’Upstate New York, ma durante la pandemia il budget del Dipartimento è stato tagliato e non avevano più bisogno di visite di nessun tipo.
Mio marito crede che per trovare un nuovo lavoro deve prima finire il suo libro sui pellegrinaggi. Nel frattempo, io smaltisco pian piano la mia montagna di thriller. Per tutto quest’anno mi è sembrato di vivere sotto una gigantesca coperta, nascosta agli occhi del mondo esterno, ma sotto questa coperta esiste un intero universo di ricordi e associazioni ed esperienze. Non sono mai sola. Sotto la coperta ho, con mio assoluto orrore, tutte le mie me passate a farmi compagnia.
Quando vivevamo nell’Upstate New York abitavamo in una casa dell’università, quindi non abbiamo un posto che possiamo dire nostro. «Ma con tutte le cose brutte che ci sono in giro», mi dice mia sorella quando mi lamento della nostra situazione. «Meglio restare vicino a casa, è più sicuro». Mia sorella è un perito assicurativo e le piace credere di avere uno spiccato senso del pericolo. Le ricordo che quaggiù circola un’energia molto strana. Il giornale locale, per esempio, è pieno di annunci di persone scomparse.
Nextdoor è pieno di appelli e numeri di telefono da chiamare nel caso si sapesse qualcosa su qualcuno che è sparito. Non avevo mai visto così tante foto di facce che urlano dagli abissi. Sedute su due sedie a sdraio nel cortile sul retro di casa di mia sorella, guardiamo mia nipote che gioca a parlare con ogni foglia d’erba, e ogni foglia d’erba le risponde. Mia nipote ha quattro anni e ha un’immaginazione sconfinata e sregolata. Del tipo che è convinta di avere un fantasma come animale da compagnia. «È tutta la vita che sei lontana. Cosa c’è di male a stare qua per un po’, visto che c’è bisogno di te?», mi dice mia sorella, incrociando le braccia abbronzate. Non è mai uscita dalla Florida, né ha mai desiderato farlo. È una delle grandi differenze tra di noi. Eccone un’altra: durante la pandemia anche lei si è ammalata ma sostiene di essere assolutamente uguale a prima, come se non mi fossi accorta che i suoi occhi blu oltremare sono diventati di un verde dorato, felino. I traumi ci cambiano nei modi più inaspettati.
Ho lasciato la Florida quando avevo ventidue anni e ora ne ho trentasei. «Metà della vita», la correggo. A casa di mia madre, nella mansarda, c’è una camera da letto con il soffitto inclinato e una sola finestra rotonda che si affaccia sulla strada. Le pareti sono ricoperte di scatoloni e contenitori di plastica. Contengono cose tipo bambole con un occhio solo o tovaglie con macchie di senape che non andranno mai via, perché mia madre non crede nel buttare le cose. Secondo lei, non avere lungimiranza è l’errore più grave che si possa commettere.
Di fronte alla finestra a oblò c’è una vecchia scrivania in stile marina. È in radica di noce e ha tre cassetti su entrambi i lati con pomelli dorati a forma di teste di leone. Ci metto di fronte uno sgabello. Mi siedo. Traballa, quindi ondeggio un po’ e mi sembra che la mansarda sia davvero su una barca. A volte di sera sento una sirena che va avanti per ore. C’è qualcosa che si è rotto e l’allarme non smette di suonare.
Il mio fratellastro vive nel Panhandle, dove gestisce una compagnia di turismo sostenibile; di recente un gruppo di uomini in tuta mimetica ha prenotato uno dei suoi tour sperando di trovare un’isola deserta dove accamparsi. Non ci credi davvero a tutte quelle scemenze sul cambiamento climatico, vero?, ha chiesto uno di loro al mio fratellastro. Non sai che le ondate di calore e le alluvioni fanno parte di un ciclo? È così dai tempi biblici. Mai sentito parlare di Noè? Decido che verrò in mansarda per il ghostwriting, sì, ma anche per pensare ad altro. Tipo a cosa voglio dalla Florida e a cosa vuole la Florida da me. A com’è successo che questo posto si sia infilato dentro di noi facendosi spazio in mezzo a tutto il resto, e a come è successo che anche noi abbiamo fatto lo stesso dentro di lui. Se è giusto credere alle voci che ci parlano in sogno. Quali siano i voti di silenzio da mantenere per sempre, e quali vadano infranti.
Nel Chiedilo ad Ava di oggi un uomo scrive di sua madre, che è scomparsa di recente. Viveva a casa di suo figlio, in una piccola stanza degli ospiti che dava sulla cucina. Una volta passava il tempo guardando telenovelas e chiacchierando con le amiche al telefono, ma durante la pandemia ha iniziato a usare il mind’s eye. Si metteva a letto e si infilava il visore e restava così per ore, il corpo inerte ma la mente piena di energie. La madre dell’autore della lettera ha smesso di seguire le trame intricate delle telenovelas, ha smesso di chiamare le amiche. Lui ha iniziato a pensare che avrebbe dovuto farle un discorso serio al riguardo, ma un giorno ha aperto la porta della sua camera e lei non c’era più. Il resto della camera era normale. A parte la madre, l’unica altra cosa scomparsa era il visore bianco. Lei non era in casa, non era nel cortile sul retro, non era sul vialetto. È in pensione; non guida. Lui ha chiamato tutte le sue amiche. Ha chiamato la polizia, che ha risposto in tono brusco, indifferente. Ha la minima idea di quante denunce riceviamo ogni giorno? Tra un po’ ci saranno più persone scomparse che ritrovate.
L’ha cercata in tutti i posti dove avrebbe potuto essere; ha appeso cartelli; ha scritto post su Nextdoor. Ha avuto la tentazione di prendere in prestito il mind’s eye di qualche vicino di casa, per capire che tipo di vita conduceva sua madre lì dentro – ma proprio non ci riesce. L’electra lo mette a disagio. E se il dispositivo facesse inceppare qualcosa dentro i suoi utenti, un po’ come i messaggi subliminali nella musica che deviano i percorsi neurali del cervello?
Vai dove devi, ci dicono, ma come fa una compagnia tech a sapere dove devo andare?, scrive lui. Un’altra cosa: se non dovessi trovarla, o se non volesse essere trovata, secondo te sarebbe una cosa poco etica affittare camera sua a qualcuno?