ARTICOLO n. 29 / 2025

TORINO (NON) È SEMPRE TORINO

La donna della domenica: una signora città

Abbiate pazienza ma devo apporre come premessa a questo mio pezzo un mero dato biografico. Sono nato agli inizi degli anni ‘70 e sono cresciuto a Galliate, un paese a pochi chilometri da Novara, la provincia più lombarda tra le piemontesi. Ma sempre di Piemonte stiamo parlando. Eppure – e questa mia esperienza vi posso giurare è piuttosto condivisa – fino ai miei vent’anni non sono mai stato a Torino, città in cui tra l’altro oggi vivo da quasi venticinque anni.

Mi sono spesso chiesto il perché e ciò che mi ricordo è innanzitutto la paura, da parte dei miei genitori, del terrorismo. Certo, anche a Milano si registravano diversi attentati e lì andavamo spesso, ma quello torinese, visto da fuori, sembrava un fenomeno più violento, più cieco e soprattutto più pervasivo. Ma oltre a ciò un ruolo lo giocava l’aura della città. Una città lugubre, con pochi servizi, poco attrattiva, tutta fabbriche e problemi sociali.

Una nomea diffusasi con il passaparola e poi avvalorata da un romanzo uscito nel 1972, La donna della domenica di Fruttero e Lucentini. Famoso, famosissimo, divenuto emblematico, e che poi di lì a breve, esattamente nel 1975, avrebbe avuto una altrettanto felice e fortunata riduzione cinematografica a firma nientepopodimeno che di Luigi Comencini (con Marcello Mastroianni, Jacqueline Bisset e Jean-Louis Trintignant). Ora una mostra prova a “scompaginare” questo libro puntando sulla dimensione urbana.

Torino è infatti la protagonista assoluta di questo giallo anomalo, colto, divertente e pungente, e che riporta in maniera ironica il ritratto di una città grigia e lugubre, distante oramai dalla Torino contemporanea, una città che ha vissuto una delle riconversioni più coraggiose e più riuscite nell’Italia del Dopoguerra. La mostra celebra il cinquantesimo anniversario dell’uscita dell’omonimo film di Luigi Comencini (e anticipa la celebrazione nel 2026 del centenario della nascita di Carlo Fruttero) e si intitola La donna della domenica: una signora città (dal 26 marzo fino al 9 maggio – Circolo del Design, Torino) e fa parte del progetto Archivi d’Affetto. Realizzata dal Circolo del Design in collaborazione con Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, racconta e reinterpreta la Torino narrata nel celebre romanzo La donna della Domenica di Fruttero e Lucentini. Si tratta di un percorso espositivo realizzato dai curatori dell’intero progetto, Maurizio Cilli e Stefano Mirti, affiancati, per l’occasione, da Domenico Scarpa.

In effetti – come si diceva – La donna della domenica è proprio un giallo urbano in cui la città è protagonista, con i suoi luoghi precisamente riportati, con le sue caratteristiche e con il suo carattere. E appunto con il suo aspetto un po’ dimesso e persino “lugubre” (sono parole ricorrenti degli stessi autori riportate con una malcelata e divertita ironia da Carlotta Fruttero nel suo intervento all’inaugurazione della mostra). I curatori hanno messo in piedi un “gioco” (come ci hanno tenuto a sottolineare nei loro interventi). Un gioco “serio” in cui il libro viene proposto con le sue diverse copertine, con gli articoli di giornali che ne hanno accompagnato l’uscita, ma anche con i foglietti dei notes usati dai due autori che ci fanno entrare nell’informale laboratorio creativo dei due autori. E con una chicca: i tre finali diversi pensati in fase di scrittura. Non mancano, inoltre, alcune rare versioni estere del volume.

Nella seconda sala, il romanzo si dispiega nel suo potere evocativo in relazione a Torino. I protagonisti della vicenda vengono estrapolati e messi a confronto con alcuni fatti di cronaca di quegli anni che potrebbero aver influenzato gli autori. E poi Torino. Una mappa gigante della città con evidenziati i luoghi del romanzo e con foto d’epoca che riconsegnano l’immagine del tempo. Una ricognizione significativa che penetra in profondità nelle spire del romanzo e lo proietta in una chiave storica, e allo stesso tempo in una dimensione metanarrativa in grado di riconsegnarci un immaginario urbano ormai dimenticato.

Lontano, ma estremamente interessante, anche solo per confrontarlo con una visione diversa che soprattutto gli ultimi vent’anni di Torino è riuscita a imporre, come sottolinea bene Paolo Verri, torinese, da sempre impegnato nella promozione culturale della città e inoltre Direttore di Fondazione Mondadori, partner principale dell’evento. La mostra ha la felice intuizione di proporre il romanzo come strumento di rilevazione urbanistica, non soltanto perché fotografa il reale, ma anche perché è in grado di identificare un “clima”, un sentire e alcuni processi sociali e culturali. Nonostante sia presentata come “lugubre”, quella che emerge è una città con un suo carattere. Ma soprattutto emerge l’amore dei due autori per un sistema urbano e sociale unico di cui La donna della domenica si presenta come una sorta di ricognizione etnografica sui generis. E la mostra ha il merito di assecondare questa dimensione, di esplorarla attraverso i taccuini originali di Fruttero e Lucentini, prestati dall’Archivio di Carlo Fruttero conservato da Fondazione Mondadori, i ritagli, le immagini, le mappe. Una ricognizione storica a cui fa da contrappunto una installazione curata dagli studenti di fotografia dello IED – Istituto Europeo di Design di Torino che riporta le riprese video che colgono e interpretano lo spirito di quei luoghi oggi.

Detto questo, ciò che emerge è anche la necessità di rileggere La donna della domenica come un romanzo da riscoprire – come hanno sottolineato soprattutto Domenico Scarpa, curatore di Opere di bottega, il Meridiano dedicato ai due autori, Carlotta Fruttero e Luca Formenton, Presidente della Fondazione Mondadori. Un romanzo moderno e intrigante dal valore letterario decisamente sottovalutato ai suoi tempi e che invece si offre oggi in tutta la sua portata di opera significativa, se non fondamentale, della nostra letteratura.

ARTICOLO n. 32 / 2025