ARTICOLO n. 84 / 2024
LA SCRITTURA SURREALE DI VAIVA GRAINYTÉ
I bip degli scanner che leggono i codici a barre continuano a suonare, monotoni, fino a che tutto il pubblico si è seduto in sala. Le luci si spengono e nel frattempo una delle interpreti sul palcoscenico comincia a cantare, con tono dolce. «Dorme tranquilla la panna, gli yogurt non chiudono occhio»: è una ninna nanna, dedicata ai prodotti, ai magazzinieri, ai registratori di cassa, mentre il negozio chiude e viene inserito l’allarme per la notte. Comincia così, Have a Good Day!, «opera per dieci cassiere, suoni del supermercato e pianoforte», in cui attraverso brani ironici e surreali scopriamo la vita interiore delle lavoratrici di un supermercato, tempio contemporaneo sempre uguale a se stesso, che nasconde una concitazione di cui spesso, evidentemente, non ci accorgiamo.
Lo spettacolo è frutto di una collaborazione nata tra tre artiste lituane, la scrittrice Vaiva Grainyté, la compositrice Lina Lapelyté e la regista Rugile Barzdziukaité, ed è stato inizialmente presentato nel 2013. Un lavoro di grande successo, capace di vincere diversi premi, trasmesso dalla Bbc e dalla radio nazionale lituana e portato in tournée ovunque, e da poco tornato in scena in Italia, alla Biennale Teatro (durante l’ultima edizione diretta da Stefano Ricci e Gianni Forte, prima della nomina a direttore artistico dell’attore Willem Dafoe).
Spicca, per la sua originalità e leggerezza, la scrittura di Vaiva Grainyté, alla sua prima esperienza in un lavoro di questo genere, creato collettivamente. Il libretto di Have a Good Day! è stato tradotto in dieci lingue. «Lo spettacolo è nato dal desiderio di lavorare insieme» racconta l’autrice lituana, «e ci è sembrato che l’opera contemporanea fosse il genere perfetto per noi per una collaborazione, in cui potessimo incontrarci».
Le dieci cassiere, con età e personalità molto diverse, raccontano dei loro acquisti e di quello che non possono permettersi, pensano al rinnovo del contratto, si preparano per andare a trovare i figli all’estero, immaginano la vita con un lavoro diverso, migliore, anche se poi «vado a dormire e non sogno niente». «Ogni personaggio deriva dall’osservazione, a partire dalle persone che ho incontrato, oppure dalla mia esperienza», spiega Grainyté. «Io tendo a prestare attenzione ai dettagli, a osservare come le persone parlano e si comportano: così ho una specie di archivio di personaggi e storie nella mia testa. C’è un personaggio, ad esempio, la critica d’arte, che riflette sul fatto di lasciare il paese, magari per fare il dottorato, oppure continuare a lavorare come cassiera. Riflette anche sulla politica culturale, sul fatto che la cultura non viene supportata abbastanza: è un personaggio molto vicino al mio alter ego, perché ho studiato storia e critica teatrale e quando ho finito i miei studi ho avuto anch’io questa sorta di crisi su cosa fare dopo, è una connessione autobiografica». In qualche caso, è stato l’incontro con le attrici durante la audizioni a suggerire personaggi e storie, poiché «il processo creativo si è svolto tutto insieme, ispirato anche dalle persone con cui abbiamo collaborato».
I gesti e i suoni che si ripetono, l’atmosfera claustrofobica, l’interazione non sempre facile con colleghi e clienti, che si risolve sempre in quell’augurio forzato di una buona giornata, ben esprimono l’alienazione che vive quotidianamente chi fa questo tipo di lavori. Ricorda, per molti aspetti, la ricerca sul rapporto tra corpo e lavoro portata avanti dalla danzatrice e performer Anna-Marija Adomaityté, anche lei lituana, che con workpiece ha creato una coreografia intensissima basata sui movimenti ripetitivi di un addetto al banco di un fast food (portata al festival di Santarcangelo nel 2023).
Ma è chiaro che, se in fondo stiamo parlando degli effetti che il sistema capitalista ha sugli aspetti più intimi e ordinari delle nostre vite, si tratta di qualcosa che non è più locale, ma riguarda tutti, dappertutto. «Credo che il successo di Have a Good Day! derivi dal fatto che non parla solo di cassiere che si lamentano dei loro lunghi turni o dei loro bassi stipendi, ma riguarda la loro esperienza umana», riflette Vaiva Grainyté. «Tutti posso riconoscersi in un personaggio. È sorprendente scoprire che un lavoro che ha più di dieci anni sia ancora rilevante. Questo spettacolo è stato in tour in molti posti, dagli Stati Uniti all’Asia, e in tutta Europa: persone di culture molto differenti sono riuscite a trovare un modo per relazionarsi a questo lavoro, quindi credo che comunichi qualcosa di molto universale».
A colpire, nel percorso di Vaiva Grainyté, è l’enorme versatilità, fin dall’inizio, con la scrittura sempre al centro. Con i racconti, le pagine di diario e le poesie, scritte fin da giovanissima, che assumono diverse forme, come negli esperimenti musicali dei Regina Band, in cui l’autrice recita i suoi testi e suona la tastiera in un gruppo di free jazz.
La prima pubblicazione risale al 2012. «Sono stata in Cina per un anno per studiare il cinema cinese e nel frattempo tenevo un diario», elaborando i piccoli saggi di non fiction che hanno dato forma a Beijing Diaries, in cui racconta con il suo sguardo sempre ironico e un po’ stralunato l’incontro con la medicina tradizionale mentre stava male, oppure un viaggio in Mongolia in solitaria, «ed è così che la mia carriera di scrittrice è iniziata».
L’ultimo libro, uscito nel 2022, è Roses and Potatoes, un romanzo collage in lituano e in inglese, che vuole decostruire gli stereotipi sulla felicità. Nel mezzo ci sono stati due lavori scritti per la radio, Witches Don’t Eat Gummies e Axis Deviation, un libro di poesie, l’adattamento per marionette dell’Ubu roi di Jarry, la band concettuale The Cuckoos, formata da due coppie di gemelli, che si è esibita all’interno di un museo con testi che dibattono su pezzi originali e copie.
«Lavoro in solitudine, quando scrivo prosa, saggi o poesie», racconta Grainyté. «Quando scrivi poesie non sei tu a decidere, ma sono loro che arrivano, semplicemente. Può suonare forse un po’ romantico, ma è così». Per i lavori collettivi, invece, il processo è differente. «Sono progetti che nascono da inviti o da idee che mettiamo giù insieme», spiega, «penso molto alle persone con cui mi piacerebbe lavorare, anche senza avere un testo preciso in mente. Discutere le proprie idee con altre persone ti mette molto alla prova e ti prende molte energie, ma è sempre molto emozionante. Ogni tanto mi accorgo però che mi manca lavorare da sola e stare solo con me stessa. Ma a volte quando scrivo da sola mi mancano le collaborazioni. Credo sia un’ottima cosa per me poter variare tra questi due canali, è qualcosa che mi fa sentire privilegiata».
Quanto al suo stile così peculiare, al contempo ironico e profondo, straniante e capace di arrivare a tutti, trova ispirazione lontano dalla letteratura, grazie a uno sguardo allenato a indagare il mondo dell’arte. «Credo di essere stata davvero influenzata dalla pittura e dal cinema surrealista» riflette Vaiva Grainyté. «Mi piace moltissimo Max Ernst, per esempio. C’è una sua citazione molto famosa che parla di un «incontro casuale di una macchina da cucire e di un ombrello su un tavolo operatorio»: parla dell’interazione tra oggetti molto diversi in uno stesso spazio e credo che questo tipo di paradosso sia molto comune alla mia poesia e alla mia scrittura in generale. Quindi può trattarsi di una situazione molto comune, quotidiana, in cui c’è però qualcosa di strano, di bizzarro, di paradossale. Credo che tutto ciò venga dal mio grande interesse verso il surrealismo».
Vaiva Grainyté ha anche vinto un Leone d’Oro, assegnato al padiglione lituano per la miglior partecipazione nazionale alla Biennale Arte nel 2019, per l’opera performance Sun & Sea, realizzata ancora insieme a Lina Lapelyté e Rugile Barzdziukaité.
Il lavoro, che non ha mai smesso di girare i festival dopo l’esordio a Venezia, presenta alcune persone, viste dall’alto, in una spiaggia, in costume e asciugamano. Cominciano a cantare e a raccontare, in uno stile molto vicino a quello di Have a Good Day!, affrontando questa volta, in modo molto singolare, il cambiamento climatico.
«Una volta in tour con Have a Good Day! abbiamo pensato che forse era tempo di lavorare a qualcosa di nuovo», ricorda la scrittrice. «Avevamo questa immagine, delle persone in costume osservate dal punto di vista del sole, ma non sapevamo ancora cosa avrebbero cantato. Abbiamo raccolto idee per un paio d’anni, partendo da questi corpi mezzi nudi, pensando alla loro fragilità, alla mortalità, a quella della terra, e dunque alla crisi climatica. Ma è un tema così grande, come si fa a parlarne, a scriverne?».
«È importantissimo occuparsene», continua l’autrice, «ma volevamo evitare una retorica minacciosa, le immagini di morte, le notizie sui mari pieni di plastica. Stavo leggendo molto riguardo al cambiamento climatico, mi faceva molta ansia e non sapevo cosa fare. Ma a poco a poco ho capito che poteva funzionare, come in Have a Good Day!, l’idea di fare un ingrandimento su alcune micro storie, raccontarle da una prospettiva personale, per prendere i temi ecologisti e renderli più vicini, più concreti». C’è un personaggio, the Complaining Lady, che si sorprende quando va a camminare in un bosco e trova dei funghi a dicembre, totalmente fuori stagione. C’è il maniaco del lavoro, che è esausto e sorride fingendo che vada tutto bene. E anche qui, alcuni brani sono stati ispirati direttamente dagli attori coinvolti, perché le audizioni si sono svolte prima che il libretto nascesse. «In quel periodo stavo leggendo della barriera corallina che muore e degli esperimenti di alcuni scienziati che per ricreare i coralli stavano usando delle stampanti 3D», ricorda Vaiva Grainyté. «Abbiamo incontrato due sorelle gemelle, venute alle audizioni, e quando le ho viste ho pensato: “Ma forse una di loro è stampata!”, e così, per la combinazione casuale di articoli scientifici e immaginazione, improvvisamente sapevamo di cosa avrebbe parlato la canzone che avrebbero cantato loro due».
Nel frattempo, Vaiva Grainyté continua a sviluppare nuove idee, esplorando ambiti sempre diversi. Per l’autunno sarà pronto un nuovo progetto per la radio, una storia d’amore queer realizzata tramite interviste, un lavoro che sarà presentato in Lituania. E poi, entro la fine dell’anno, l’autrice sarà in Francia per un periodo di residenza, ospitata dalla Fondazione Camargo, all’interno di un parco nazionale in Provenza, per continuare le sue riflessioni sul clima che cambia. «Ancora non so esattamente su cosa lavorerò», racconta la scrittrice, «ma avrò l’opportunità di stare a contatto con alcuni scienziati e conoscere le loro ricerche, con l’idea di trasformarle in forma poetica. In questo momento non voglio avere un progetto preciso, ma avere il tempo per pensare con calma a cosa succederà, ai prossimi passi. Questi anni sono stati molto intensi».